Il blog di Parolegagliarde Leggi, commenta, condividi

Riforma Cartabia e scrittura: chiarezza e sintesi

19 Giugno 2024

La recente Riforma Cartabia ha portato a compimento uno dei cantieri più ambiziosi della giustizia degli ultimi decenni: elaborare le modifiche per rendere il sistema più snello ed efficiente sia in ambito civile, sia in ambito penale.

Si tratta di un disegno di riforma organico che riguarda molteplici aspetti della giustizia italiana, a cui anche chi si occupa di comunicazione e scrittura efficace guarda con interesse, per le linee guida e le indicazioni fondamentali che la riforma contiene e che riguardano la redazione degli atti, fra cui le relazioni degli assistenti sociali, con l’obiettivo di migliorare la qualità e l’efficacia delle comunicazioni scritte in ambito giudiziario.

Si può sempre essere più “chiari di così”

Due sono i concetti base della riforma: la “chiarezza” e la “sinteticità”, che vengono riconosciuti come aspetti essenziali, affinché il messaggio sia compreso in modo corretto e immediato.

Ma cosa si intende esattamente per chiaro e sintetico? E quali sono i criteri con cui un testo può essere catalogato come chiaro e sintetico? Si tratta di domande solo all’apparenza banali ma che, al contrario, lasciano un ampio spazio a fraintendimenti, se non ci si accorda su alcuni aspetti semantici.

La chiarezza, infatti, è il principio base di qualsiasi contenuto di buona qualità; forse il più facile da intuire, certamente il più difficile da perseguire. Questo perché, indipendentemente dall’impegno e dall’accuratezza di chi scrive, è sempre e solo chi legge a decretare se il contenuto è chiaro.

Comunicare con qualcuno, infatti, non è comunicare a qualcuno. La differenza è simile a quella che c’è nel tiro con l’arco: un conto è scoccare una freccia verso un bersaglio e altro è centrare il bersaglio.

Centrare il bersaglio è difficilissimo; chiunque si sia cimentato almeno una volta nel tiro con l’arco lo potrà confermare. Comunicare con qualcuno, facendogli capire ciò che si vuole esprimere, è un’azione che coinvolge sempre il destinatario tanto quanto il mittente, è un’azione per niente naturale né automatica e avviene solo se chi scrive si è sufficientemente concentrato su chi legge. Purtroppo, però, noi tendiamo a considerare sempre con maggiore attenzione la parte del processo che ci vede parte attiva e a considerare irrilevante tutto il resto. Questo crea un sacco di guai.

Nella scrittura vale lo stesso principio: scrivere chiaro, infatti, non significa solo “scrivere corretto”: ortografia e sintassi, pur fondamentali, sono solo una delle difficoltà che chi scrive deve superare.

Significa, piuttosto, considerare nella stessa misura gli aspetti di contenuto (ciò di cui stiamo scrivendo) e di elementi di relazione: stile, tono, lontananza o vicinanza; significa mettersi nei panni di chi legge e guardare le “cose del mondo” dalla sua prospettiva. Le informazioni contenute nel testo sono univocamente intellegibili?

Qualche tempo fa, un’allieva a un corso di formazione mi portò la foto di un cartello con i giorni di chiusura di un ristorante:

Chiuso il martedì e il mercoledì a pranzo.

La frase, di per sé breve e ben formata, cioè scritta in corretto italiano standard, è chiara e “univocamente intellegibile”? Non lo è, perché pur nella sua semplicità, contiene un elemento ambiguo: il martedì è chiuso tutto il giorno, oppure solo a pranzo? Non si capisce: a seconda di come la frase è pronunciata e di dove viene inserita una pausa, il significato cambia.

L’univoca intelligibilità è il criterio su cui si basano i processi di redazione promossi dalla riforma Cartabia ed è un concetto così pregnante da riverberare anche nel processo civile. L’articolo 121, infatti, dice ora:

(Libertà di forme. Chiarezza e sinteticità degli atti) Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. Tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico“.

E il grassetto indica le parti di nuova introduzione.

Questi concetti, sono stati poi precisati in due altri documenti di grande interesse anche per chi si occupa di comunicazione e di scrittura efficace: la Relazione illustrativa del Ministero della Giustizia n.149 e la Relazione della Corte di Cassazione.

  • La Relazione illustrativa del ministero della Giustizia n. 149, infatti, spiega che: un testo chiaro si rende univocamente intellegibile, laddove la sinteticità evita ripetizioni e prolissità, esse stesse foriere del rischio di confusione.
  • La Relazione della Corte di Cassazione del 1° dicembre 2022 specifica che:
    • il ricorso deve essere redatto … in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria;
    • la “chiarezza” richiede che il testo sia univocamente intellegibile e non contenga parti oscure;
    • la “sinteticità” richiede che il testo non contenga inutili ripetizioni e non sia ridondante e prolisso.

Questo perché “l’eccessiva ed inutile lunghezza degli atti non giova alla chiarezza degli stessi, costringendo i lettori ad un aggravio di impegno nella lettura ed al dispendio di molto tempo, senza che ad esso si accompagni la certezza della comprensione del testo”.

Detto in altre parole: testi oscuri e ridondanti costringono chi legge a impiegare più tempo ed energie per decodificare i messaggi e innalzano la percentuale di probabilità di incomprensioni e fraintendimenti.

E su questo siamo tutti d’accordo. C’è che essere chiari è in realtà un lavoraccio per tutti, in particolare, perché impone a chi scrive di guardare le cose non solo dal proprio legittimo punto di vista, ma di spostarsi continuamente dalla propria posizione e di mettersi nei panni di chi legge. Una fatica nera che per gli assistenti sociali che lavorano nei servizi di tutela minori, può rappresentare una sfida significativa, poiché devono spesso comunicare con giudici, avvocati e altre figure professionali che potrebbero non avere una comprensione approfondita delle dinamiche sociali e familiari trattate.

Strategie per scrivere chiaro

Per migliorare la chiarezza di qualunque testo, e in particolare delle relazioni, la prima strategia da adottare è scrivere semplice, cioè in modo accessibile, secondo i criteri di quello che gli inglesi chiamano plain language. Questo significa innanzitutto avere il coraggio di spezzare i cliché tipici del burocratese, che rallentano il ritmo del testo e ne riduce drasticamente fluidità e comprensione” (Gagliardi, 2022). Per farlo, occorre innanzitutto considerare la scrittura da un punto di vista completamente differente: non un’attività da riservare ai ritagli di tempo, ma un’operazione che, per complessità e valore strategico, va affrontata secondo azioni disciplinate:

  1. Progettare il testo. Scrivere è un’azione che va condotta per fasi e quella di progettazione è imprescindibile. Per sostenere la lettura, le informazioni vanno organizzate in modo coerente e sequenziale, seguendo un filo logico che conduca il lettore attraverso la narrazione dei fatti e delle analisi.
  2. Scrivere paragrafi brevi. Una volta realizzato il progetto del documento, il testo va suddiviso in paragrafi brevi, ognuno dei quali tratti un singolo argomento o punto chiave.
  3. Usare parole semplici. Anche quando il destinatario è l’autorità giudiziaria, chi legge è sempre un essere umano. Molti credono che la scrittura semplice non sia compatibile con una scrittura giuridicamente impeccabile. Non è così!
  4. Argomentare: ogni relazione contiene due aspetti fondamentali, uno descrittivo e uno valutativo. La valutazione è la parte che normalmente genera maggior ansia perché obbliga chi scrive a prendere posizione: scrivere è sempre guardare le cose da un punto di vista. Nessuna paura: per mettersi al riparo da contestazioni, ogni passaggio e ogni affermazione valutativa andrà corredata da esempi concreti e puntuali, per rendere più tangibili le informazioni e restituire un quadro della situazione il più completo possibile.
  5. Chiedere un feedback. La rilettura critica del testo è un’azione che raramente viene compiuta, a causa della scarsità di tempo. Resta tuttavia estremamente utile per verificare la comprensibilità, in particolare se a leggere è un(a) collega o a una persona esterna.

Sinteticità: l’arte di dire solo il necessario

La sintesi è il secondo caposaldo della scrittura efficace che la riforma Cartabia porta alla ribalta anche nella redazione degli atti e delle relazioni sociali. Ed è un dono, la sintesi. È la capacità di dire tutto quel che si ha da dire, senza una parola di troppo. Né una di meno.

Esprimere concetti complessi in poche parole, senza sacrificare la completezza o la precisione delle informazioni è veramente un’arte e richiede continuo allenamento, per evitare di sovraccaricare i destinatari con informazioni superflue o ridondanti, che potrebbero distogliere l’attenzione dagli elementi realmente importanti.

Anche in questo caso stiamo parlando di un lavoraccio, perché tra l’enorme quantità di informazioni raccolte durante tutto il lavoro svolto PRIMA di scrivere occorre a un certo punto scegliere quelle più pertinenti e utili. E solo quelle, evitando ridondanze.

La sintesi non è mai un presupposto, ma la fine di un processo, un punto di equilibrio tra tutto ciò che sappiamo, quello che serve e il numero di parole che usiamo per farlo. È mettere insieme i dati importanti, e solo quelli, escludendo quelli trascurabili.

Ecco perché, anche in questo caso, la progettazione del testo si rivela un passaggio strategico; permette, infatti, di raggruppare in blocchi logici informazioni a volte ridondanti perché acquisite in vari momenti, nel corso del tempo, e di presentarle secondo criteri di coerenza e coesione, in modo ordinato e fluido.

Qualsiasi testo può essere sfoltito, ampliato, riscritto in termini più generali o più dettagliati.

La capacità di sintesi è proprio l’abilità di trasformare un testo in un altro, più breve, ma capace di contenere tutti i concetti fondamentali dell’originale, senza un dettaglio di troppo. E qualsiasi testo migliora, sfrondando.

Fughiamo un dubbio: molto spesso usiamo sintesi come sinonimo di brevità. Non è affatto così. Se abbiamo molto da dire, infatti, necessariamente il testo sarà lungo: sarà sintetico solo se le molte cose scritte saranno solo quelle indispensabili. Se il testo sarà breve, pur avendo molto da dire, è molto probabile che il testo risulti monco, incompleto.

Bilanciare chiarezza e sinteticità può risultare complesso, soprattutto in situazioni dove le informazioni sono numerose e intricate, tuttavia, il successo nella redazione di relazioni efficaci risiede tutta in quell’equilibrio. Solo così le relazioni sociali potranno veramente contribuire a un processo decisionale informato e consapevole nel delicato ambito della tutela dei minori e mettere al riparo i e le assistenti sociali a contestazioni che possono implicare responsabilità civile, penale o amministrativa.

Commenti

  • Grazie, Francesca, per il tuo articolo preciso e per avermi ricordato un passo de “Dello scrivere oscuro” di Primo Levi:
    “Abbiamo una responsabilità, finché viviamo: dobbiamo rispondere di quanto scriviamo, parola per parola. E far sì che ogni parola vada a segno”.

Pubblica il tuo commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vuoi ricevere la mia newsletter?

La mia newsletter è piena di parolegagliarde: scrittura, riflessioni, risorse, cose come mi incantano e altre che mi fanno arrabbiare. In pratica: un po’ di fatti miei. La ricevi di solito a fine mese. Dimmi di sì!

Puoi cambiare idea in qualsiasi momento, cliccando sul link che trovi in fondo alle mie newsletter, oppure scrivendomi all’indirizzo info@francescagagliardi.it. Gestisco i tuoi dati come GDPR comanda, e come spiego qui. E i fatti che mi racconti, anche quelli li tengo per me. Cliccando il bottone qui sotto, mi dai il permesso di usare i tuoi dati per scriverti di tanto in tanto. Grazie!

Sottoscrivendo la newsletter sei consapevole che i tuoi dati verranno trasferiti e gestiti da Mailchimp. Qui trovi la Privacy Policy di Mailchimp.