Un paio di giorni fa ho partecipato a un incontro organizzato a Milano con Elizabeth Payea-Butler, educatrice canadese e Master Trainer PNL che da anni usa la neurolinguistica nei suoi corsi per bambini e adolescenti. Ero molto incuriosita, un po’ per gli studi di Pnl che ho intrapreso da un paio d’anni e molto perché Elizabeth usa la Pnl con i bambini e io ho una figlia di 6 anni, Beatrice, e avere spunti per migliorare la relazione con lei è per me un tema interessante.
Elizabeth non aveva nessuna voglia di intraprendere il viaggio dal Canada per venire in Italia. Troppo sbattimento e quando si è con le batterie in down, trovare la motivazione è faticosissimo. Piccina, minuta, con un sorriso che buca il mondo da parte a parte, ce lo confessa nei saluti di apertura: alla fine la motivazione da qualche parte era saltata fuori e lei aveva deciso di accettare.
Silenzio. Elizabeth fa un passo di lato; con le mani cancella il suo racconto ancora sospeso nell’aria e ce lo ripropone così:
“WOW! Mamy va in I-T-A-LI-A! E-IO-CON-LE-I! e mi ha detto che se in aereo non vorrò dormire potrò stare sveglio anche tutta la notte e potrò mangiare vera pizza italiana per un’intera settimana!”
Come cambia la realtà a guardarla da un altro punto di vista! È solo questione di punti di vista. E per cambiare punto di vista basta un niente.
Questo non vale solo nella relazione con i bambini, ma con tutti gli esseri umani: prova a chiedere a un tuo collega, con un sorriso: “E queste scarpe?” Penserà che tu sia una persona attenta e sensibile, che ti sei accorto del suo nuovo acquisto (neanche in saldo: costate una fortuna!) e soprattutto che approvi e che apprezzi la sua scelta.
La stessa domanda fatta con ciglio aggrottato e tono cupo: lo stesso collega, per la stessa frase, penserà che disapprovi la sua scelta, che lo stai criticando (così care ‘sto schifo?) e che lo stai giudicando
Prospettive. E potere del paraverbale.
Vuoi dare una prova con tuo figlio? Chiedigli nei due diversi modi come mai il suo letto è ancora disfatto! (e se lo fai, poi scrivimi la reazione nei commenti)
Anche nella scrittura è così, e così naturale per i bambini modulare tono di voce e paraverbale: un’attitudine che si attenuta con l’età adulta e le sovrastrutture che adottiamo strada facendo.
È un fine settimana di neve. Dopo i giochi e i pupazzi in giardino, Beatrice ed io siamo al tavolo a scrivere: io il mio articolo, lei i suoi esercizi di scrittura in corsivo.
“Per te, mamma”: un cuore gigante. Con scritto: PER MAMMA. TI AMO TANTO.
Sono commossa e incuriosita: perché non l’ha scritto in corsivo, abilità di cui va così fiera?
“Mamma” – mi dice lei – “è per gridarti più forte che ti amo!”
I bambini sono estremamente ricettivi e disponibili: non hanno pregiudizi, colgono le sfumature che occhi adulti non sanno più distinguere e ci raccontano di risorse creative che noi non ricordiamo più.
Esplorare la curiosità
Anni fa mi capitò di raccontare a una 4ª elementare il lavoro che svolgevo con alcuni bambini sordi. Nacque così il nostro “viaggio nel mondo dei Sordi”, dieci incontri dedicati a questa speciale realtà.
Cosa significa essere sordo dalla nascita? Come comunicano i sordi? Come si può vivere in modo completo, usando metodi alternativi?
Si parlò del mondo dei Sordi e della loro lingua, la Lingua Italiana dei Segni (LIS):, dell’alfabeto manuale, dei segni veri e propri e della loro grammatica, fino a comporre alcune semplici frasi.
I bambini erano tutti udenti, avevano dieci anni e una disponibilità che raramente mi è capitato di incontrare negli adulti.
Tutti mostrarono una straordinaria facilità a imparare i segni e a coglierne le metafore visive, non sempre immediate. Per questo presto fu possibile “segnare” loro una fiaba.
Il cambio di prospettiva colpì moltissimo la fantasia dei ragazzi, che in seguito dimostrarono di comprendere meglio concetti come metafora e arbitrarietà linguistica, uguaglianza sostanziale e differenza formale. E in breve tempo, le insegnanti notarono un complessivo miglioramento della competenza linguistica: i bambini avevano elaborato una nuova consapevolezza del concetto di desinenza, di flessione e dei suoi possibili usi.
Tesori perduti, tesori ritrovati
La mente feconda dei bambini è uno scrigno sempre ricco di tesori per i ricercatori.
A partire dai 2-3 anni i bambini hanno una sensibilità nei confronti della lingua – suffissi e flessioni – che le parole che costruiscono istintivamente non sembrano affatto distorte o anomale. Potrebbero benissimo essere entrate nel lessico di una lingua e il semplice fatto che non sia accaduto sembra del tutto fortuito.
Il poeta russo Kornei Chukovsky, nel suo suo meraviglioso From two to five definisce i bambini dei veri geni linguistici.
Un ragazzino raccontò che un cavallone [loshada] l’aveva zoccolato [kopytnula]. Il verbo “zoccolare” non esiste, eppure fu perfettamente compreso da un’altra bambina cui era stato raccontato l’episodio, e la parola le era sembrata del tutto normale. E forse il fatto è che parole come quella sono normali. Forse anche più normali di quelle convenzionali. Perché quando parliamo di cavalli con i bambini chiamiamo il cavallo “cavallino”? Per un esserino alto forse neanche un metro un cavallo deve sembrare una cosa enorme! Ecco perché il cavallino del racconto si era trasformato in cavallone! E perché correre a cavallo comprensibilmente diventa cavallare (mia figlia Beatrice, quando aveva 2 anni).
Fiabe, creatività e bambini. Coerenti, rigorosi e lirici a partire dal loro linguaggio, prima che si conformi alle regole. Allora, prima che la nostra prospettiva adulta si imponga, li condizioni e ne definisca confini più stretti, giochiamo con loro; stimoliamoli a raccontare, a inventare e a scrivere liberamente, per salvare preziosi tesori di creatività. Perché,
Senza l’immaginazione, la conoscenza è inutile. (Einstein)
Ho scritto questo articolo per il blog della palestradellascrittura.it, la settimana scorsa.